<<<---- CAPITOLO 1º
<<<---- CAPITOLO PRECEDENTE
10º giorno
Ogni giorno cresce un po', oggi è come un grande gatto, ma non è che si veda sempre, a momenti, quando le do le offerte di cibo appare, ma non sempre, a volte si ode solo il masticare, a volte no.
Molto dipende dal mio pensiero credo, c'è una connessione, si fa vedere per lo più quando sono in silenzio interiore, quando non me lo aspetto è lì, quando lo cerco non si trova. Forse la fatica delle parole pensate lo stanca. Come quando vuoi scrivere e le parole pesano e non è che ti domandi perché, per chi, ma è piuttosto che il cielo si abbassa e ti opprime, e la gravità, la gravità si fa peso... il peso de mondo è amore, dice il poeta. La gravità è l'abbraccio della Terra, la mano della mamma che ci impedisce di andare sotto un auto, o di galleggiare così nello spazio in tempesta, come foglia al vento, preda di chissà quali mostri alieni, chissà di quali incubi endogeni, chissà se si può respirare lassù ed allora già qui ed ora la notte pesa sul petto l'aria pesante, che pesa sul petto invece di entrare nei polmoni, ed ogni respiro è un atto di volontà, ed ogni parola che scrivi è uno sforzo, un impegno, un'offerta. Si quell'offerta che ama l'Animale, non solo la frutta ma il sacrificio, non di sangue, ma di se stessi, l'impegno, l'intento, la disciplina.
Ahi parole grosse, pesanti, pietre da spinger su a fatica, per poi farle rotolare a valle, nelle belle valli verdi piene di persone che potrebbero ascoltarle, leggerle, ripeterle, metterle addirittura in pratica, trasformarle in sogni, in azioni e visioni. Parole, parole offerte al Vento, parole offerte allo Spirito, parole dell'espirazione cosmica, parole della manifestazione cosmica, parole del canto primigenio, parole dei canti e delle canzonette, parole offerte all'Animale che sì le ama al contrario dei pensieri, dei pensieri confusi che lo fanno sparire, dei pensieri che non si sa bene chi li pensa, da dove escono fuori, che salgono dall'abisso, che strisciano fuori dai sotterranei delle paure delle superstizioni delle immagini inconsce frutto delle parole sbagliate ascoltate quando a pronunciarle furono gli ipnotizzati gli stressati o addirittura i malintenzionati, pensieri che girano su se stessi che si mordono la coda che non portano a niente, ronzio, rumore di fondo, dialogo interno, insulto continuo a se stessi ed al mondo intero, maledizioni.
Ogni giorno cresce un po' l'Animale, oggi è come un grande gatto, ma la sua forma cambia, cambia al cambiare dei miei pensieri, la sua forma è indefinita oggi, è una specie di ombra, ombra solida tridimensionale, scura sostanza che vibra al ritmo dei miei pensieri.
13º giorno
Oggi è un gran giorno, sono sceso giù al mare, correndo giù lungo il ruscello, anzi saltando da un pietrone all'altro, felice, senza alcuna ragione particolare, appena sveglio mi sono buttato giù di corsa, respirando a tutta pelle l'aria mattutina, inalando vita da ogni poro, senza paura, senza paura io d'incontrar gente, quella gente che non vedo da due settimane, dalla notte del fungo, il fungo sacro quel fungo atomico potentissimo che invece di distruggere ha creato.
E li vedo, i primi abitanti del lago che incontro ancora dormono, qualcun altro si stiracchia, il più ardito di tutti sta accendendo un fuoco e si gira con i legnetti in mano e... mi saluta! Alleluya! Alleluya grazie grazie grazie: il mio più grande terrore, quello d'esser morto o trasportato in una dimensione altra o invisibile fantasma perso chissà dove, viene meno! e gli rispondo con un gran grido: Bom Shiva! tanto che l'altro mi fa cenno di calmarmi, di parlar piano ch'è presto che la sua compagnuccia dorme e non capisce il mio entusiasmo.
Ma lo capirà il mare, il Mare Oceano lo capirà subito il mio entusiasmo nell'accogliere il mio tuffo nell'onda nella schiuma primordiale da cui nasciamo tutti da cui emerse l'amrita il nettare dell'immortalità di vedica memoria.
Per capire quanto sia forte l'uomo, se elevato oltre i limiti della mente condizionata, racconta il mito che il gran saggio Duravasa, saggio ma irascibile, lanciò una maledizione contro gli dei, addirittura gli dei ed il loro re, privandoli così dei loro poteri! che non potevano recuperare da soli e vedendosi costretti a chiedere aiuto ai loro cugini demoni per poter compere la grande alchimia, unire i due opposti e riottenere così l'immortalità. I due opposti sono il principio maschile, il Monte Meru, il più alto, l'Axis Mundi, ed il principio femminile, l'Oceano, la grande mer, la grande mère. Ma certo non ce la potevano fare da soli a spostare la montagna nel mare, e così, promettendo loro di dividere equamente i frutti della gran alchimia, invitano i demoni, ed il gran semidio Naga, l'uomo-cobra, lo sciamano, il naguál, ad aiutarli. Così avvolgono il gran serpente intorno alla montagna e mantenendolo i demoni per la testa e gli dei per la coda, la trasportano al mare e le fanno fare quel movimento avanti e indietro come si fa in India per frullare lo yogurt. Dallo sbattimento del mare per mezzo della montagna, dall'unione degli opposti, sale alla superficie dell'Oceano una schiuma, quella schiuma primordiale, le acque del parto, da cui escono fuori varie meraviglie della creazione come la Luna, la dea Lakshmi ossia l'abbondanza, la dea del Vino ovvero l'ebbrietà, Shanka la conchiglia con i quali la divinità e gli umani suonano il suono della creazione, ed altri doni. Ma il gran serpente, nauseato forse da tanto dolce su e giù, vomita fuori il suo veleno, il terribile veleno del mondo, insito nella materia, che rende impossibile la vita in un universo puramente materiale, in un universo che al principio è solo materia senza che la vita possa attecchirvi, un veleno che ucciderebbe anche loro, dei e demoni al solo contatto, ed allora devono chiamare Shiva, Dio, il gran signore del tempo, che se lo beve quel veleno, ma non lo manda giù d'un colpo, lo mantiene nel collo, che gli diventa blu, e lo fa scendere una goccia alla volta, e così il veleno a piccole dosi diventa droga, quella sacra medicina, che gli permette di sognare la vita e di crearla. E così rivelato da Shiva il segreto della Medicina, può sorgere dalle schiume primordiali Dhanvantari il medico degli dei che porta con sé la gran medicina ultima, l'amrita, il nettare dell'immortalità.
Va notato che gli dei imbrogliano i demoni e non condividono l'immortalità con loro come promesso, ma la tengono solo per sé.
Non c'è giustizia, non c'è morale nemmeno nelle alte sfere o forse lassù ancora meno. E come mi faceva riflettere un giorno il dio Hanuman, il dio scimmia, il devoto perfetto, la Forza al servizio esclusivo dello Spirito, quando mi parlò nella sua millenaria geologica manifestazione del Cerro del Mono, il monolito della scimmia, che si erge guardiano della montagna sacra ove nacque il Sole nel deserto sacro messicano, ebbene Hanuman mi spiegò come il rispetto della parola data, l'impegno d'onore, vale solo per noi maschi, o meglio forse solo per alcuni maschi, quelli veri non gli spergiuri quaquaraquà, mentre per la donna, la gran donna, la madre, conta più il sentimento, il feeling, contro il quale ella non può far nulla, ella è tutt'uno colla Natura e gira col vento, perché quel sentimento quel vento sono le esigenze della Vita che ella da e protegge. Sarà forse questo il peccato originale di Eva.
E da quella schiuma di quell'onda della gran madre mare oceano in cui mi tuffo mi ritorna la vita, ogni volta tuffarsi nel mare è come tornare alla madre al suo ventre, e insieme con lo scopare, con il sesso sacro, sono le due sole maniere in cui a livello fisico materiale si può rientrarvi, nella madre, nella sorgente.
Ah, non le uniche, c'è anche l'ingestione del sacro fungo, della medicina sacra, senza il quale non staremmo a fare questi discorsi, senza il quale non starei oggi a fare questo tuffo a fare pace colla vita. È come il fumo, il fumo dell'incenso, o del fuoco o del chillum cerimoniale, che è un mediatore fra i due mondi, il fisico e lo spirituale, quello dei vivi e quello dei morti, quello dei mortali e quello degli eterni; anche il fungo, la pianta sacra, la medicina sacra, è una piroga un qualcosa di solido che ti permette di navigare sul liquido senza affondarvi, un qualcosa di materiale, che si mangia e che ti permette di navigare nello spirituale senza dover morire per farlo, una specie di passaporto per l'immortalità.
E gioco colle onde, con il potere che mi vibra dentro, e mi ci tuffo dentro, mi ci tuffo contro ed è una scossa un brivido il brivido della vita dell'amore della gioia l'esplosione dell'energia pura mille e mille bollicine champagne del pianeta. E mi ci tuffo dentro all'onda e mi faccio trasportare body-surf planare volare, davvero volare quando a Goa a maggio sta per arrivare il monsone e le onde sono alte 4 o 5 metri e tu da giù saluti quello che sta su come se fosse uno affacciato al 3º piano.
Ma se sbagli se non sei sincronizzato perfetto colla cresta allora l'onda ti sbatte ti rigira ti sfracassa e se disgraziatamente eri tanto folle dal farlo ove ci sono le rocce t'ammazza pure.
La Vita e la Morte così vicine, sempre avvinghiate nella loro danza di coppia, tango cumbia valzer dell'immortalità, gioco di un demiurgo ineffabile.
14º giorno
Ieri notte tornando su al Banyan Tree l'ho visto.
L'Animale era lì giù nel fosso grande come come uno di quei palloni su cui un tempo ci si poteva sedere per saltare, ovvero di circa un metro o più di diametro, nero come la notte eppure di un nero che splendeva nella notte un nero arcobaleno un nero con dentro tutti i riflessi di tutti i colori, nero riccio di mare enorme.
Quel nero enorme riccio di mare stava lì e respirava, senza far nessun rumore respirava gonfiandosi e sgonfiandosi di fronte a me con i suoi aculei fremendo.
<<<---- CAPITOLO PRECEDENTE *********************** CAPITOLO SUCCE$SSIVO ---->>>>