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L'ANIMALE

di Rodolfo de Matteis

ispirato in fatti realmente accaduti

CAPITOLO 1º

Venne su l’Astrologo quella sera al Banyan Tree, l’enorme albero jungla immortale, che quando i portoghesi vennero a colonizzare Goa intorno al 1300 scrissero che ai loro confini si trovava l’Albero più grande del mondo, e ne avevano viste tante loro.


L’Astrologo arrivò col suo amico Elephant Man, appena scesa la notte, avvolti i due da un manto di mistero, recando fra le mani l’incredibile sostanza nera. A vederla poteva sembrare oppio, ma bastava toccare quella palla grossa come un pugno di Elephant Man dalle grandi mani, o meglio ancora avvicinarvisi appena, per sentire odore e consistenza fungine.


- Estratto di funghi magici di Kodaicanal – è la presentazione dell’Astrologo
- La solita sola – penso io, sempre allora, ancora, malfidato.

E lo mangiamo, il sapore è buono antico invitante ricco di terra di fungo di umido di oscuro di spazi immensi fra una foglia ed un’altra fra un mondo ed un altro migrazione di spore inattaccabili navi spaziali aliento di vita messaggere  della coscienza.

E ci sediamo lì ad aspettare, la gente viene sale su come ogni sera la gente della spiaggia al Banyan Tree con voglia di celebrare, e portano frutta cibo latte fumo tamburi chitarre tutto, e si siedono con noi intorno al fuoco, stasera non farò da mangiare stasera si è sparsa la voce del Sacro Pasto e tutti masticano una palla nera, l’estratto del Fungo.

Il fuoco, io penso al fuoco, lo guardo, lo tocco, mi ci muovo dentro quasi con le mani, le fiamme fanno giochi insoliti, vive danzano al ritmo della musica  e del respiro, e la musica segue il ritmo dei pensieri delle sensazioni e canta la nostra avventura antica, ondate di qualcosa di indescrivibile vanno e vengono, son ondate di noi stessi di tutto di comprensione di potere di creazione che giungono sino alle cellule e si sente cambiare il DNA ci si sente risvegliare  e poi via di nuovo giù nel sonno dell’anima, in un oblio dolce e suadente che ci culla ci porta via nell’oscurità nel grembo materno caldo che odora di terra e da piccolo ti han trovato sotto un cavolo pieno di pipì e la nonna che tira fuori la nottola caduta nella minestra e mi dice, mangia che c’è? E poi di nuovo sale sale sale le stelle son vicine e fra noi e le stelle ci sono loro, quelle presenze di sempre quei custodi invisibili misteriosi quegli occhi scuri nella notte quella luce nera quelle risate quasi nel vento caldo, caldo vento di amicizia che porta pensieri amore sensazioni profonde giù giù giù nello stomaco nelle viscere nel grembo ove viene la principessa galattica col suo strano elmo lungo ed i suoi occhi di stella color del fuoco, ed il fuoco il fuoco mi chiama si muove e mi viene incontro come lo penso è vivo e risponde e dice che è tutt’uno con me che io son fatto di fuoco e solo al passaggio in me di un turbamento di un’emozione di paura si allontana da me il fuoco e va dall’altro lato verso l’Astrologo che mi dice:

- qu’as  vous fait? - ed io che penso, vedi lo sa pure lui e lui che ride e fa:

- tout le monde sait –

ed allora il mondo rotola giù giù giù per il sentiero della giungla se ne va il mondo, un mappamondo che passa a tutti lo sanno tutti, lo sa tout le monde, come un pallone se lo rimbalzano quelli che stan salendo proprio ora e lo riportano su e me lo danno ed è un’anguria, enorme anguria striata di continenti di oceani ed io sto col cocomero in mano che dico:
- grazie sedetevi - e rimango lì padrone del mondo come Charlie Chaplin nel Grande Dittatore e non voglio esser come lui non sono un Man in Black io, ed il mondo nelle mie mani scotta e comincio a sentire le voci il respiro dei miliardi di anime che ho fra le mani tremanti ed allora viene Elephant Man, o meglio le sue manone, in mio soccorso e l’anguria scivola sola in suo potere e dice:

- à lui il plaisent les fruit –

e lo lancia lo lancia il mondo il cocomero l’offerta dei nuovi venuti, che ridono.

Lo lancia Elephant Man dietro di sè, nell’oscurità ove l’Albero forma un dirupo, noi sopra come in una piattaforma a cui si accede con il sentiero che viene dalla giungla, l’Albero è grande è una giungla da solo, anzi ingloba in sé la giungla, e da un lato della piattaforma c’è un angolo in cui il tronco (enorme tronco fascio di radici grosse come cosce o più che ci vorrebbero venti persone ad abbracciarlo ma è impossibile perché c’è questo dislivello) ed il terreno si perdono nel nulla e c’è uno strapiombo un salto di almeno cinque metri e di notte si forma questo pozzo oscuro questo nulla in cui Elephant Man lancia l’anguria… ed immediatamente sotto si sente razzolare grufolare ed il grugnito, un masticare di enormi mandibole…

-  il faut a lui offrir - dice serio l’Astrologo. 
 
Per me è come un pugno allo stomaco, ma non è un colpo, è un senso di nausea, uno stringersi, una sensazione di paura velata, velata dalla comprensione che si, che è normale, che la giungla mangia, si la giungla stessa, Natura, Animale… la coscienza che qui non ci dovrebbero essere a quest’ora animali così grossi da sbranare un cocomero, le vacche tornano al villaggio la notte, è questa consapevolezza il pugno allo stomaco, ma io so, il Fungo sa, loro sanno, lo sa tout le monde…

  Ed i tamburi battono il ritmo del cuore della giungla, e le chitarre fan danzare nell’aria note di luce che si rincorrono si stuzzicano s’intrecciano e fuggono di nuovo o son fate o son note musicali o son la stessa cosa e quegli occhietti dappertutto, e poi quando lei canta, la ragazza è una dea la sua voce voce della foresta, e dell’anima mia della luna che spunta fra i rami e un’ondata della sua luce bianca mi porta con sé lontano fra flutti fluorescenti che lambiscono le cime degli alberi che si piegano a venirmi incontro, e lontano in terre sconosciute ondeggia la coscienza mia nostra il canto della donna.


Ed ora un intero casco di banane scivola nell’enormi mani di Elephant Man ed è lanciato tutto nel burrone.

E l’Animale si sveglia e divora.

Ed è il turno di un piatto di zucchine, e ridono l’Astrologo ed Elephant Man quando tutti sentiamo quanto di buon grado sia accettata anche l’offerta vegetale.  E di nuovo l’onda, un onda di mondo di realtà che si liquefa si scioglie e sale sale sale da un lato e poi via veloce fra i mille spruzzi dei sorrisi gli sguardi le voci, spruzzi che son per un attimo sulla cresta dell’onda e poi via spariscono per far posto ad altre infinite sfaccettature di questa notte cubista, un occhio qua una bocca là, un mondo a ondate che corrono via con me e mi portan con sé, surfista della vita natante nell’anima, nell’Anima dell’Universo… e poi dove come quando si schiantano queste onde? Lo schianto non arriva non c’è scoglio, c’è solo la risacca ed allora via tutti indietro risucchiati dal passato ed ecco mamma che dice, cacca questo non si tocca, ed io sì che lo tocco, e la risata dell’angelo del malaffare quando detti la sola a quei ragazzi, si dice l’angelo, sai non sei meglio di loro o che?  


E quest’onda mi frantuma in mille schizzi e tutti gli schizzi sono di nuovo io ed in effetti sto facendo un chillum qui colla gente che aspetta e dice fallo girare di qua ed io che dico, Bom Siva gira di qua Jai Mata Kali gira di qui, ed allora ne faccio due e li accendo insieme e ne faccio girare uno a destra uno a sinistra; e contemporaneamente sono sulla riva del mare steso a pancia in giù con tutta la maglia di ferro e collo Spadone a croce tirato al mio fianco quasi relitti sputati dal mare che torno dalle crociate col fedele armigero moro che dorme più in là; e contemporaneamente son lì che parlo di misteri in un buio angolo del tempo coll’Astrologo ed Elephant Man e insieme ricordiamo come si tratta coll’Animale; e contemporaneamente sto al settimo piano di un palazzo facendo l’amore con lei davanti ad una vetrata grandissima da cui si vede lo skyline di questa metropoli meravigliosa e le sue mille luci; e contemporaneamente sto dietro un muro sporco e sudato con un mitra in mano e tutt’intorno fischiano pallottole e il sangue è dappertutto; e contemporaneamente sfreccio come cometa lassù negli altissimi cieli; e contemporaneamente sono sul palcoscenico con Gilberto che mi dice, spéngiti spéngiti si dice spéngiti ed io che insisto spèngiti spèngiti breve candela la vita non è che un’ombra che cammina un attore che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo per la sua ora e poi… non se ne parla più.

 

... SEGUE ---->>>>