LA DANZA DEI DRAGONI

 

 

(INDIA anni '80, e... sempre)

 

 

Dopo tanto isolamento, stanco di vivere fra la mia casa e la spiaggia uscendone solo al crepuscolo come un animale braccato evitando di incontrare alcuno, avendo sentito dire che ci sarebbe stato un party, decido di parteciparvi.


Sono a circa duecento metri dalle prime persone, ma già la musica mi sovrasta, in altri momenti avrei detto che mi piace, ma è troppo coinvolgente per farmi sentire tranquillo e non udire in essa il fascino del pifferaio magico che suadente ma autoritario sta scritto fra le righe del componimento musicale.


 Devo farmi forza, un brivido gelato mi corre lungo la schiena, le mie gambe per un momento perdono le forze e rischio seriamente di accasciarmi al suolo, sudori freddi scorrono da sotto le ascelle lungo i miei fianchi, son congelato mentre intorno l'aria è veramente calda, fin troppo afosa e soffocante per la stagione. Per farmi coraggio e per darmi un contegno, quando sono abbastanza vicino inizio a ballare, e così continuo il mio percorso a passo di danza. La scena è terribile: la gente che balla intorno a me, i cui corpi si agitano e quasi si contorcono al ritmo incalzante della musica, guarda il vuoto con sguardi vacui ed, al contrario delle solite feste, non c'è un solo sorriso sui loro volti,  non si conosce allegria, le loro espressioni sono statuarie, il loro colorito è il pallore funereo della morte, e più mi addentro nella fossa dei serpenti fra la massa dei corpi e più la scena si ripete; nel muovermi li urto spesso poiché tremo ed i miei movimenti sono scoordinati dalla paura che mi infiacchisce le ginocchia, ma nessuno se ne lamenta, non ricevo quegli insulti o quegli sguardi pesanti usuali in tali circostanze, e ciò più di tutto fa risuonare in me un campanello d'allarme e mi sembra di impazzire mentre continuo la mia fuga attraverso la pista da ballo verso la pedana centrale. Sotto la piattaforma rialzata del DJ la situazione muta, anche se impercettibilmente ad un occhio disattento, non certo al mio, affamato com’è di umanità: qui le tipologie cambiano, non vi sono solo quelle specie di zombie come nei gironi più esterni, ma per ogni loro gruppo è presente un dominatore, il suo sguardo è ugualmente vitreo, pur se di una qualità diversa, emana forza, il suo seguito tutt’intorno, ed ogni schiavo, pur collo sguardo spento, guarda al suo padrone e lo imita, adattandosi immediatamente ad ogni suo cambiamento di ritmo nella danza, e lo segue  passo passo nei ghirigori che i suoi spostamenti disegnano sulla pista; dapprima ne fui interessato e, cercando un qualche messaggio in quei movimenti probabilmente insignificanti, concentro la mia attenzione su quegli schemi forse casuali, ma appena ne assaggio il potente contenuto ipnotico, volgo immediatamente lo sguardo altrove, scottato ancora una volta dalla mia ingenuità ed irruenza. I vampiri, come ho subito chiamato quel tipo di dominatori per l’evidente caratteristica di riuscire a conservare una certa lucidità grazie all'energia che viene loro fornita dalla dedizione dei sottoposti (o da loro direttamente risucchiata) non mi degnano di particolari attenzioni, tanto che io comincio seriamente a dubitare della loro effettiva coscienza di sé e sensibilità agli altri. Al contrario, mentre il tempo scorre a sbalzi pur nella sua ineffabile continuità, un certo numero di persone, fra i più persi, cominciano impercettibilmente ad accalcarsi intorno a me.


Come un brivido gelato, che sale dal basso delle oscure interiorità viscerali e si fa strada in su verso i piani alti ed illuminati della coscienza, avanza in me la consapolezza orribile che effettivamente essi mi vadano cercando e, seppure nessuno di loro mi tocchi fisicamente, ho l'impressione che le loro mani supplicanti siano tese verso di me elemosinando la vita stessa con quei gesti dal sapore dell’irrealtà ma purtroppo non per questo tali; se mi giro dall'altra parte ce ne sono altri ancora, e l'altissima pressione che quegli sguardi apparentemente vuoti mi comunicano è terribile; come mi sposto avverto la presenza di quel codazzo di uomini e donne ridotti a poco più che ombre nella loro profondissima disperazione; pur senza guardarli li sento come un gatto sente con i suoi baffi, o forse ancor peggio perché in qualche modo misterioso è come se essi entrino a far parte di me. Il cuore mi duole fisicamente, ho un attimo di soffocamento ed è allora che per la prima volta, tentando di superare almeno con lo sguardo quella specie di muro di pietra fatto di carni umane che mi circonda, incontro gli occhi di un vampiro e in un attimo comprendo: e veramente non so più chi sia il carnefice e chi la vittima; chi succhia la linfa vitale ed a chi? Ancor peggio, realizzo la trasformazione così subitaneamente avvenuta in me: sto divenendo anch'io un vampiro, un padrone con il suo codazzo di schiavi! E se lo fossi sempre stato? Fredda l'atroce colpa serpeggia in me e gli zombie mi sembrano nutrirsene per aumentare le battute della loro danza sacrilega mentre seguono il ritmo dei miei passi che diveniva frenetico per l’orrore.
Sembra che la testa stia per scoppiarmi quando comincio a sentire il ronzio dei loro spenti disperati pensieri lineari nella semplicità della loro terribile vacuità; come pure la schifosissima ma altrettanto disperata opportunistica pseudo-consapolezza riflessa degli altri vampiri che mi chiamano: " Oramai sei uno di noi, non ti ribellare all'Impossibile, approfitta, approfitta delle briciole del pasto del grande carnefice... e ringrazialo... " e lo ripetono ancora ed ancora in mille voci in mille lingue e modi diversi e martellano direttamente il mio cervello ed il mio cuore che dole per la colpa nell'aria satura di follia ...


Non resisto più e lancio un grido allucinante...

Pensando d’esser preso per pazzo con sollio si fa largo in me la possibilità di essere trasportato da uno strizzacervelli, e finalmente sentirmi dire che ero allucinato, che non è vero niente, che ero solo impazzito, uno schizofrenico paranoico e che essi mi avrebbero liberato facilmente dai miei deliri e dalla dimensione folle che mi ero creato ed in cui vivo oramai da troppo tempo; forse addirittura un ricovero in manicomio col profumo di pulito e le mura bianche e le iniezioni calmanti, e dove avrebbero scoperto, passate le crisi allucinatorie acute, che in fondo ero uno di loro, una persona colta ed istruita quasi come i medici e gli psichiatri e forse più degli infermieri e che, cia compreso non sarebbero stati più brutali con me e li avrei addirittura aiutati con i casi più disperati perché io in fondo ero un esperto e sapo bene dove la mente pote condurre un povero pazzo.
E invece no, nessuno dice niente, nessun operatore psichiatrico corre verso di me in camice bianco brandendo un dolce punito razionale manganello e non rico l'abbraccio di una camicia di forza né mi risveglio in un lettino bianco fissato al muro ed al pavimento
 No! sono ancora lì, in quel party maledetto, in quella zona senz'altro bombardata dal Maligno, e nessuno pare scandalizzarsi di quel mio grido folle e disperato, anzi vengo lasciato solo mentre mi accorgo di non essere più circondato dai volti pallidi degli zombie e di trovarmi ora tra  persone colorite in viso, dagli abiti sgargianti e che ballano con forza una danza di guerra, gli sguardi duri ma vivi !

E FU ANNUNCIATA LA DANZA DEI DRAGONI

La musica cambia, scioccato alzo la testa a guardare il palco del DJ, e c’è Helios, mio caro amico, ma non posso dire quando sia arrivato né chi abbia suonato prima... il pensiero di come e dove posso essermi realmente trovato fino a quel momento mi gela ed addirittura sembra raffreddare lo strato d'aria fra me e la nuova atmosfera che fortunatamente continua ad essere positiva: i danzanti intorno a me, i dragoni, non sono affatto le stesse persone di prima,  prima del mio folle grido, che ora non vedo più come gesto folle di terrore, ma come azione concreta di lotta che deve avermi liberato: e la cosa non ha assolutamente il sapore di un'allucinazione! No, semplicemente non sono più nella bolgia, ma parte di una potente schiera, come una specie di esercito, o meglio di tribù, di clan, e la danza dei dragoni è splendida: uno, Lean, è al centro e le sue gambe si allungano prima di percuotere il terreno come mille zampe di mille cavalli e le mani le rincorrono volando su un altro piano cosicché egli viene ad essere composito come un ippogrifo, e realizzo quale sia l'essenza ibrida dei dragoni! Una nuova incredibile razza è stata creata da una specie di ustione psicofisica che ci ha scottati tutti, o forse c’è sempre stata, ma solo oggi possiamo rendercene conto.

Le femmine di drago sono veramente attraenti, anche se intimorirebbero se non terrorizzerebbero un semplice omuncolo (chissà come le vedono i suoi occhi paranoici!) ed invece fortissimo è in me questo richiamo della foresta, l'arrapante desiderio bestiale di prenderne una per la nuca e stringerla e sbattermela lì sulla pista a tempo di techno-music, e c'è alla mia sinistra una rossa che fa proprio al caso mio con il suo ridotto abbigliamento di pelle nera e argenti e ferro e l’henné nei capelli che sembrano vivide lingue di fuoco coronandole l'ovale di quel suo viso niente male; e lei mi guarda, chissà se pensa cia che penso io e lo vuole così tanto da non poter resistere come me? forse sì perché la sua danza si fa più frenetica, quasi animalesca: una sfinge in calore che lancia i suoi dardi arroventati, questioni senza risposte e senza nemmeno la vecchia leggendaria domanda: l'animale non ha più quattro poi due poi tre arti, ma uno, uno solo e sempre, più che un arto un Arte, dall'adolescenza alla vecchiaia un solo grande enorme fallo maschio che il corpo è costretto a seguire ed ella pronta ad adorarlo a succhiarlo a metterselo nel ventre lacerando i suoi short di cuoio nero...
La femmina di drago comincia a lavorare sulla grossa fibbia di argento a guisa di nodo celtico per scioglierla e liberarsi così dalla pesante cintura che le cinge la vita con quegli occhi brillanti di profondo nero perla fissati sul mio cazzo che in risposta a quel suo felino leccarsi i baffi si sta rapidamente gonfiando fino al punto di dolermi. Gli altri dragoni cominciano a guardare interessati come sempre e mi pare che già facciano circolo intorno a noi due e ci’è Paride, il maturo ex monaco, fra le risate ghiozze di tutte e i gridolini di incoraggiamento della bionda saura del Loch Ness e di quella bella gioia che è la di lei gemellina che lo affiancano sui due lati come una scorta d'onore, Paride fulmineo come Clint Eastwood quando estrae la sua pistola sfodera il suo membro rivolto al cielo ed è un tutt'uno col lampo (una stella cadente che saliva - un fuoco d'artificio di pura energia senza luci né colori né botti) e con le grida di gioia delle femmine e con uno stacco violento nella musica di quell'ottima testa di cazzo che è Helios e tutti lo vedono e fu come la salva del cannone che dà l'avvio ai festeggiamenti.


Che sincronicità del cazzo ! Quale, quanta potenza fallica nel dragone !

Uno slogan comincia a circolare nelle mie vene turgide a battermi nelle tempie e nelle palle a rimbalzarmi dal cuore al glande al cervello:  “FAL - LO !” come un'onda di marea sale ribollendo ed ora un coro di urla profonde ed allegre arrapate ed imperiose: “FAL - LO !”  è tutta la gente a gridare o erano i miei ormoni che non sembrano più esser fatti di DNA umano ma di preistorici immortali acidi nucleici di drago portatori di una potenza sfrenata selvaggia lunatica e trolgente? ma non importa è l'intero cosmo che lo scandisce:
“FAL - LO ! - FAL - LO ! - FAL - LO ! - FAL - LO ! - FAL - LO !”

 Lontana in mezzo alla gente mi colpisce come un pugno la faccetta della Jinebra, come l'ho odiata talvolta! come mi sta antipatica piccola stupida carogna di una bimbetta stronza che facendo leva sul mio romanticismo, sul mio affetto, sul mio inespresso trasporto da rincoglionito cronico mi blocca ed in ogni situazione pare lì pronta a dirmi: eccomi ci sono ti aspetto nontiscordardime mentre invece non mi aspetta affatto e se ne sarebbe andata tranquilla alla fine del party, non mi ha mai dato nulla, nemmeno un segnale a me o ad un arbitro di suo gradimento, nulla, nulla, NULLA: una volta volli andare da lei a casa sua e le chiesi un posto per dormire: qual gentilissima signora mi fece entrare in una casetta piccola ma ben arredata, molto buon gusto nella scelta dei colori e dei soggetti, ora realisti ora astratte macedonie cromatiche, degli arazzi appesi alle pareti o usati come tende in luogo di porte e finestre; mi fece sedere su di un morbido tappetino, una preghiera per una sola persona, stretti in due di fronte ad un basso tavolino di legno balsamico ove giacevano elegantemente disposti tutti gli ingredienti e gli strumenti per preparare un chillum, e fu proprio ciò che mi chiese di fare con quella sua voce che è un sussurro, un battito d'ali di farfalla, come il suono dello strusciare di sete fresche quando assumono quella rigidità particolare dopo essere state lavate ed asciugate ma non ancora indossate, mentre ella mette su una cassetta, una musica diversa da quella che tutti sentono qui nella zona, forse i vecchi Genesis, o i Gentle Giant, o gli Yes, quel genere lì insomma, delicato romantico come me, come lei, come l'ambiente, come il chillum di ottima roba che fumammo insieme silenziosamente ascoltando la musica a bassissimo volume ché forse voleva farmi credere di essere in un sogno, o che almeno lei lo fosse, una volta che avessi perso la concretezza dura e rumorosa della realtà, lo stridio dell'attrito dentro di me fra il desiderio di stringerla finalmente e la paura di romperla fragile e minuta com'è; o come vorrebbe farsi apparire dando una caratteristica psicologica a quella sua piccola corporatura, al suo essere un soldo di cacio, uno sgorbietto tutta capelli, il frutto di un probabile rachitismo infantile con un seno appena accennato su di uno stretto torace, su una vitina di vespa attaccata alle gambette dritte e ben fatte da un culetto ridotto al minimo ... cosa ci trovo? sarebbe veramente difficile scoparmela, non potrei certo baciarla mentre la penetro, lei arriverebbe forse a ciucciarmi i capezzoli e non di più, finirebbe sicuramente a starmi sempre sopra, a cavalcarmi come una ragazzina su di un purosangue, vibrante di quel desiderio languido struggente che tanto, troppo mi ha preso e mai nulla mi ha dato, neppure una promessa, neppure una richiesta: lascia la tua donna, lascia tutto e torna... no nemmeno questo, nessuna certezza di essere poi accettato, solo la buona educazione di lei mi garantisce che non sarei mai stato scacciato in malo modo; come quella sera in cui mi ospitò nella sua casa, mi dette le coperte ed un posto per dormire, solo, fuori sulla veranda: ché tutti, vicini e passanti lo vedessero! tutto qui, poco tremendamente poco per una donna che esercita già da tanto la sua proprietà su di me e ci gioca e mi blocca e mi chiude in questo amor platonico di cui nemmeno se ne può parlare ché sennò ci si accorgerebbe che non esiste, che è nulla.

Così dalle schiere dei dragoni, dalla ritmica danza sfrenata che precede il rito dell'accoppiamento con la sfinge dalla criniera infuocata il cui pube si gonfia e pulsa e sta per esplodere e prender dentro il mio cazzo enorme che quella notte è il cazzo di tutti gonfiato dalla brama dei dragoni e forse anche materialmente pieno dell'energia degli zombie dei gironi esterni ora attenti anche loro richiamati dal decollo a razzo del cazzo di Paride... 
me ne tira fuori lo sguardo di Jinebra, e mi blocca e l'orgia dei sensi non è più tale per me ed i testicoli cominciano immediatamente a dolermi pazzescamente, non ho più il coraggio di guardare negli occhi la mia personale draghessa in calore già nuda in mezzo a tutti pronta a farsi possedere come una vittima sacrificale sull'altare del nostro desiderio pronta a donare tutto quella notte, il corpo e la mente per vedermi come io voglia ed essere il suo stupratore ed il suo amore ritrovato ed il suo stallone ed il suo amante e l'uomo che la dissacra scopandola lì per terra nella polvere sotto agli occhi del mondo e che la potrebbe innalzare da semplice donna a sacerdotessa di Afrodite a dea dell’Amore e consacrarla regina della notte e della danza dei dragoni
no! tutto è già successo per quel pubblico multirazziale,per amore lei si è svelata, spogliata, mostrata nella sua più intima e insaziabile fame di cazzo e di energia maschia, con quel suo bisogno di dolcezza e di brutalità ha messo a nudo il suo esser splendidamente donna e me lo ha donato davanti a tutto il suo mondo, sbattendo in faccia a tutti la sua fica bollente ma riservandola solo a me, no! quel suo spirito perverso ed istrionico e grandioso lo ha messo in piazza invano, perché io son richiamato come quei cani nei quali in occasione dell'incontro casuale con un suo simile in istrada si risveglia l'atavico istinto ed il profumo della lotta e la bava già gli corre giù dai denti digrignati vogliosi di stringere l’irsuto collo dell'altro campione... ma poi il padrone fa un fischio e la belva torna civile docile ammaestrato cagnolino che scodinzolando lo raggiunge da bravo. Così io. Ma il mio spirito ne è tremendamente straziato e così il mio cuore e la mente e la psiche, e già nei prossimi giorni la voce girerà dappertutto e per un po’ non potrò più entrare in alcun posto senza sentirmi immediatamente indicato ed il borbottio di chi questa notte mi invidia, e ancor peggio le parole volgari di quelli che sentono ancora forte il sapore di donna che l'ultima chiavata gli ha lasciato in bocca e se la sciacqua infamandola, mi accompagneranno, a voce alta il pubblico tradito:  “Non l'ha fatto ! Non è un Uomo !”
E per quanto tempo ancora dovrò fuggire dalla vergogna di uno scandalo che non è mai stato? Ma già lo so, e subito! Fuggito dall'orgia potenziale non vado per niente da Jinebra, non mi volgo assolutamente verso di lei, so che non ha niente da darmi, niente da dirmi, come sempre, solo quel sorriso beffardo che chissà pure se è un sorriso e niente più; tutt’al più restarle al fianco silenzioso per qualche attimo o pure qualche ora, finché non se ne vada altrove. No !è troppo e lo so, la Voce del Padrone ha vinto ancora una volta, ma non andrò a renderle omaggio ed a rendere ancor più ridicolo me stesso, se ciò sia possibile, senza nemmeno fermarmi un momento a pensare che questa volta forse lei si potrebbe convincere, di fronte a tanta forza, a tanta follia, a tanta rinuncia e mi si potrebbe concedere infine, ma no, forse non è questo che voglio, ma solo esserle schiavo, semplicemente il non sapere essere libero nemmeno quando son solo senza mia moglie, la quale seppur ne abbia più diritto senz’altro non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere, non avrebbe mai usato il fischietto virtuale come gli ultrasuoni per cani, ma avrebbe assistito incantata a quella iniziazione godendo come tutti e più di tutti del baccanale del saturnale della celebrazione della vita e del cazzo e della fica, oppure avrebbe combattuto forte e, immemore delle sue vergogne, si sarebbe fatta avanti ed avrebbe sfidato la sfinge sul suo terreno, e seppur goffa, forse, poiché volontaria in una marea spontanea e febbrile, fors'anche avrebbe potuto vincere, vincermi ed esser incoronata regina, ma mai avrebbe voluto umiliarmi, annichilirmi, castrarmi per esercitare il suo potere, la sua prevaricazione, sfruttando i diritti di una prenotazione mai avvenuta come oramai Jinebra sta facendo con me da troppo tempo.


Così mi dirigo diritto da Helios lì alla consolle, forse nel disperato tentato di restare al centro dell'attenzione dopo lo scottante fallimento mentre la rossa scoppia in lacrime amare che vorrei baciarle e leccarle e prendere ed infilarle nei miei occhi, delle quali assaporo il dolce gusto salato da così lontano nello spazio e, se possibile, ancor più nel tempo tanto le ero stato carnalmente e spiritualmente vicino in quel magico momento, ed essa da regina e sfinge si  sta trasformando nella povera ragazza bistrattata col cuore infranto che è, mentre io già vedo in lei la crisalide della tigre che sarebbe divenuta per assaporare la sua vendetta.


Ma c’è tumulto! Helios ha abbandonato la sua postazione, la musica continua mentre vari pretendenti già anzano verso il trono del DJ prima che finisca il pezzo, ma Helios corre diritto veloce e deciso verso il centro della pista, dalla sfinge in lacrime, ed io voglio già pensare “ma sì meglio che la calmi lui che non uno stronzo profittatore qualsiasi!” ma non potei ché finalmente riconobbi la femmina di drago: è la ragazza di Helios! come ho fatto a non accorgermene prima! eppur la conosco benissimo, cazzo, siamo amici! Quale potere oscuro può avermi accecato a tal punto e trascinato dagli inferi al settimo cielo, per poi buttarmi dalle stelle alle stalle? Ma il flusso dei miei pensieri fu interrotto da una voce femminile che mi sta dicendo: “Che Signore! Che nobiltà d’animo! Rinunciare a tanta grazia per non ferire un amico! E di questi tempi...”

 

Rodolfo de Matteis 1994