La ragazza dorme sul divano, appena l’alba di lunga notte fredda a 37 giorni dall’alba nera di Michel, nostro figlio che ha saputo alchemicamente unire la nascita e la morte in un solo tragico evento. La situazione è tesa, le fasi del dolore del lutto, così ben studiate in psicologia, ovvero l’alternarsi di tristezza depressione rabbia negazione accettazione pianificazione continuano imperterrite ad imperversare intrecciandosi senza soluzione di continuità; e dal punto di vista delle conseguenze, altrettanto ben studiate/scontate, c’è quella del rompersi dei rapporti, e non solo di coppia, sennò tutti, “amici” e familiari compresi: e sta accadendo terribilmente a tutt’e due, siamo soli!
Io nel letto grande da solo ho battuto le brocchette per il freddo estremo di questi 2700 mt d’altezza del grande nord messicano arido menefreghista e violento, senza dormire che poche ore imbacuccato come un vecchietto. Ma la mia aura si è potuta allargare comoda e solo mia, sognando sempre una storia lunga complessa e tragicomica: scrivo la piccola parte che ne ricordo.
Sono in fuga, in fuga dalla ragazza, dalla famiglia dai ricordi da me stesso, in una strada dai colori sbiaditi e senza nemmeno cercarla un negro mi offre la roba, e me la fumo. Riprendo la mia fuga strafatto nei vagoni di una futurista metropolitana mondiale che ad un punto si ferma ad una stazione di Venezia, è una piazza sul mare, oops è la punta della Dogana, ove nel 2011 passai ubriaco una notte fredda e solitaria a preparare la mia performance in occasione della biennale, azione che poi si fece ai giardini, ma evidentemente la faccio ora. La piazza è più grande più circolare, e sotto le colonne c’è l’entrata di un hotel di un lusso sfrenato fantastico, chiedo il permesso al padrone, simpatico romano canuto e magro, di andare al bagno, elegantissimo bagno barocco ed enorme dalle rubinetterie in oro e dagli enormi spazi di marmo bianco.
Quando esco per riprendere il metro mi rendo conto di essere senza pantaloni colle palle, ed il resto che esce fuori dalla maglia rossa che uso stanotte per dormire, a salutare il mondo ed i passanti. Cazzo! nessuno grida nessuno dice niente ma mi tiro giù la maglia il più possibile mentre penso al negro, chissà se oltre alla droga venda pure pantaloni, i pusher a volte, oltre ai cazzotti e peggio, distribuiscono anche altre cose ai loro clienti. Ma non ce n’è bisogno che di fronte a me per terra vedo un paio di pantaloni verdi, sembrano parte di un’uniforme (a Oaxaca nel 2000 trovai davvero una camicia della polizia per terra a mezzanotte e questa mi salvò, all’indossarla, dalle ire del padrone dell’ostello cui dovevo nove mesi di arretrati! e che, rinunciando ai piaceri del letto coniugale, mi aspettava personalmente risoluto stavolta a non farmi entrare, ma alle minacce di un Rodolfo polizia che gl’imponeva di smettere la persecuzione contro di me, rispose, fra una risa ed una sincera preoccupazione: Ok! entra ma per favore riporta indietro quella camicia, non metterti nei guai! Buon vecchio Marcos, un giorno ti pagherò!).
Prendo i pantaloni e torno nel bagno, ove scopro che è una specie di strana salopette, di una forma innovativa che dovrei disegnare con un buon sart@, ed il mettermela con la doppia camicia che ora indosso risulta difficile, e lungo. Il padrone romano grida da fuori la porta e gli assicuro che faccio subito; ma sulla specie di molo privato che questo bagno di extra-lusso ha sul Canale stanno assiepati 3 simpatici narco/intellettuali messicani, di quelli che si uniscono alla mafia per scelta politica marxista di rifiuto del lavoro, a farsi enormi cannoni di un’erba buonissima, li faccio entrare, e stiamo lì a spassarcela. Quando li faccio uscire perché il romano potrebbe incazzarsi, entrano invece Pablosax ed una manica di pescaresi con i quali continua la festa alla quale si unisce pure il padrone dell’hotel romano che decanta le mie grandi qualità artistiche.
Cominciamo una scorribanda sui portici di San Bernardino, quell’orribile corridoio d’architettura fascista che tanto importante e caro è stato nella mia adolescenza e giovinezza all’Aquila, che ora fanno da contorno ai canali di Venezia, i portici son pieni di bancarelle che in istile messicano offrono birra e mangimi, e sono tutte dotate di ampli monitor con connessione internet, e su quegli schermi passa di tutto, tutte le nostre cre/azioni, mentre ci divertiamo a guardarle con CL Audio, Marco di Greenpeace, e tanti altri, e soprattutto ragazze, ragazze che ci adorano e se la ridono, e sono felici di ascoltare le nostre storie come Tizianina che insiste che le racconti ancora, ma sono solo le ragazze ad ascoltarmi agli amici non interessa la mia storia, ma io devo devo raccontarla e mi sveglio nel mio letto grande ed appena comincia a schiarire, e con quattro strati di maglie addosso le lenzuola di flanella la coperta colla tigre di Fabiola ed il mio piumino color cioccolato il letto è caldo ed accogliente infine ma devo alzarmi a scrivere la storia, e miracolo! sul telefono ci sono due messaggi dall’Italia, due ragazze/amiche/sorelle, Alessandra ed Elisabetta che mi chiedono come sto.
Real de Catorce, li 16 novembre 2012